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L’oro bianco: perché il latte è una materia prima sempre più preziosa

Chiunque lavori nel settore se ne è accorto: da diversi mesi i rincari del latte e dei prodotti ad esso collegati balzano agli occhi, tanto che gli aumenti arrivano a compromettere le marginalità di tutti gli attori della filiera coinvolti, compresi gelatieri e pasticceri.

Ma perché sta avvenendo questa rivoluzione nel mercato globale? Quali sono le cause reali di questo tsunami del mondo lattiero-caseario?

Questa situazione straordinaria ha origine dalla rottura di un complesso insieme di equilibri economici, causata dalla pandemia prima e dalla guerra tra Russia e Ucraina.

Nei mesi scorsi, infatti, allevatori di tutta Europa, provati dagli effetti prolungati dell’emergenza da COVID 19, dai rincari dell’energia e dei mangimi, sono stati costretti a diminuire la produzione di latte. L’effetto conseguente è una carenza della materia prima senza precedenti.

All’estero l’esportazione del latte si è fermata. L’Italia, che da sempre importa il 16% del latte dalla Germania e dalla Francia per sopperire alla richiesta interna, si trova a dover far fronte al fabbisogno nazionale esclusivamente con la propria produzione.

Questo aumento della domanda italiana insieme alla carenza di materia prima, ha innescato una brusca e importante ascesa dei valori di latte e panna.
È necessario ricordare, inoltre, che agli aumenti del latte bisogna sommare quelli delle materie plastiche, del cartone, dell’energia elettrica (appunto) e dei trasporti. Insomma stiamo vivendo una congiuntura particolare che non si è mai verificata in modo simile in passato.

Qualche dato saliente

A dare il via alla crisi del comparto sono state le bollette energetiche dello scorso autunno. Il costo dell’energia per produrre latte è, infatti, aumentato di sette volte in un anno in tutta Europa e questo ha portato un rincaro della materia prima all’ingrosso del 30%. Inizialmente le industrie hanno cercato di ammortizzare parte di questa crescita dei prezzi, ma hanno visto il proprio margine erodersi a tal punto che la necessità di comunicare gli aumenti è diventata evidente.
Oggi l’8% degli allevatori rischia di dover chiudere l’attività per effetto dell’aumento medio dei costi di produzione del 56%.
Anche Coldiretti sottolinea che la situazione globale sta mettendo a dura prova un sistema composto da 26 mila stalle da latte italiane, che alimentano la filiera lattiero-casearia nazionale del valore di oltre 16 miliardi di euro e danno un’occupazione a circa 100 mila lavoratori.

Come agire?

Anche il cliente finale sta cominciando a vedere l’aumento dei prezzi sugli scaffali dei supermercati e a vivere l’inflazione in modo diretto. Ciononostante come le industrie anche gli artigiani devono adeguarsi e aumentare i prezzi, in nome dell’aumento dei costi delle materie prime e del mantenimento di uno standard qualitativo che ne caratterizza la professionalità.
Dunque all’aumento dei prezzi applicare un aumento sul proprio listino non è solo una necessità ma forse rappresenta un vero e proprio dovere che trasmette competenza e lungimiranza nel riconoscere il valore del proprio prodotto e della propria professione, naturalmente con senso di responsabilità.

Il cliente finale, dal canto suo, si sta evolvendo e sempre più spesso pretende dall’artigiano competenze e personalizzazioni un tempo non contemplate (basti pensare alle richieste riguardanti le intolleranze, le allergie, ecc) valutando sempre più facilmente l’idea di acquistare un po’ meno ma pagando con piacere il giusto prezzo per ricevere la qualità che desidera.

Tu cosa ne pensi?

Facci sapere.

A presto,
il Team Frascheri.

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